La chiesetta dell’Angelo Custode
in Corigliano
di Giulio Iudicissa
Tra le chiese esistenti a Corigliano nell'Ottocento, numerose e varie per architettura e ricchezza, c'era anche la chiesa dell‟Angelo Custode. Risalente probabilmente al 1500, era appartenuta ad una omonima Confraternita laicale, per poi passare sotto il patronato delle Clarisse. Non aveva essa la dignità di „parrocchiale‟, essendo più semplicemente una cappella. Per modestia di spazio e per umiltà di arredo, bene si incastonava nell'agglomerato edilizio ed umano dei Vasci, costituito di basse casette di gente modesta. Accanto c'era anche una omonima fontana per gli abitanti del rione. Luogo di culto fin verso la metà dell'Ottocento, fu, poi, lentamente abbandonata, tanto da ridursi ai soli muri perimetrali, tra l'altro, in pessimo stato. Il 29 giugno del 1896, il comune pensò bene di trarre profitto dal fabbricato inutilizzato e ritenendosi, ma erroneamente, proprietario, deliberò di concederlo in enfiteusi. L'operazione, a mezzo d'asta pubblica, si concluse il 5 luglio dello stesso anno con aggiudicazione a tal Coscarelli Salvatore per un canone annuo di 39 lire. Ci fu anche uno strascico tecnico e giudiziario: una perizia, infatti, disposta dalla Sottoprefettura del Circondario di Rossano, in data 15 settembre, stabilì un diverso valore di ciò che rimaneva del diruto immobile, vale a dire “dei muri esterni e dell‟area” e venne anche fuori che il Comune non avrebbe potuto alienare quel bene, perché, di fatto, non ne aveva la proprietà. La chiesetta, infatti, non risultava “nel novero dei beni ecclesiastici ad esso demandati con leggi 7 luglio 1866 e 15 agosto 1867”. C'è da dire, però, che negli ultimi trent'anni nessuno aveva accampato diritti su di essa, per cui unica certezza era l'antica appartenenza ad una omonima Confraternita ed il successivo passaggio sotto il patronato delle Clarisse. Comunque stessero le cose, la chiesetta o cappelletta, già luogo di culto e di preghiera per secoli, divenne un qualsiasi volgare magazzino, fino ad essere, in ultimo, inghiottita dal tempo. Dispiace che, nel 1961, come annotò il nostro Pasquale Tramonti, “identica sorte patì la fontana dell'Angelo: opera artigianale del sec. XV in granito nero nostrale, che era collocata contro un supporto della porta della Giudecca nei pressi di San Domenico”. Dell'antica e raccolta chiesetta dell‟Angelo, oggi, resta, unica, superstite traccia, una statua ottocentesca, detta appunto dell‟Angelo Custode, serbata e venerata, nella chiese di Santa Maria Maggiore. Credo, però, che essa sia rimasta nella me-moria popolare. Nel volume “Proverbi e Detti a Corigliano Calabro” da me pubblicato nel luglio del 2001, tra le locuzioni idiomatiche dei parlanti del luogo, ne ho registrata una, che così suona: “ccà ssia ll'àngili”, cioè, qui sia l'angelo. Essa veniva ed ancora viene proferita nei momenti di bisogno e di pericolo, per invocare la presenza e l'assistenza dell'Angelo Custode. È un segno linguistico modesto, ma che bene traduce il rapporto, che per secoli legò la comunità locale alla chiesa dell'Angelo
(Veteranova agosto-settembre 2014 pag.3)